martedì 17 maggio 2011

Promuovere l’occupazione? Sì, ma non quella precaria

Articolo pubblicato su Il futurista il 15 maggio 2011
http://www.ilfuturista.it/economia-3/promuovere-l-occupazione-si-ma-non-quella-precaria.html

Lavoratori italiani, unitevi. È il caso di ribadirlo, se persino chi dovrebbe promuovere lo sviluppo e la tutela dell'occupazione si serve di strumenti lesivi della posizione professionale dei propri collaboratori. La vicenda, ormai nota, riguarda Italia Lavoro, società per azioni partecipata dal Ministero dell'Economia e gestita da quello del Welfare, nata nel 1997 “per- si legge nel sito istituzionale- la promozione di azioni nel campo delle politiche del lavoro, dell'occupazione e dell'inclusione sociale”. La direzione della società ha deciso  di interrompere la collaborazione di 17 persone ree di aver inviato ai piani alti dell'azienda una lettera per chiedere delucidazioni rispetto alla propria posizione professionale. L'iniziativa dei collaboratori, impiegati da numerosi anni presso la struttura, si configura come misura cautelativa del lavoro ai sensi dell'articolo 32 della legge 4 novembre 2010, n. 183.
Tra i mittenti, evidentemente preoccupati anche perché l'azienda, come è noto, non versa in ottime acque, ci sono una donna incinta, un uomo da qualche tempo lontano dalla scrivania per problemi di salute, professionisti che  con il passare del tempo non hanno ottenuto più diritti né una maggiore stabilità, ma sono andati ad ingrossare le fila di quella fascia debole i cui interessi proprio Italia Lavoro dovrebbe tutelare. Altrimenti, perché esiste?
La vicenda ha destato un particolare clamore mediatico, per evidenti ragioni, e ha avuto una ricaduta politica nell'interrogazione parlamentare del 10 Maggio scorso presentata dal Senatore Achille Passoni, il quale chiede al Ministro Sacconi se non ritiene una violazione dei diritti dei lavoratori l'utilizzo delle disposizioni della legge 183/2010 per identificare i collaboratori e licenziarli prima (da sottolineare: prima) che possano fare causa. Inoltre, continua Passoni, è necessario conoscere se esiste una valutazione tecnica sulla produttività dei collaboratori e quale impatto ha avuto il loro allontanamento sulla qualità dei servizi offerti dalla società.
Italia Lavoro, in pratica, non solo ha usato in modo lesivo disposizioni atte, invece, a proteggere i collaboratori ma, evidentemente, non si preoccupa nemmeno della bontà del proprio operato se non esistono valutazioni di merito professionale. Nel frattempo, dopo un incontro con i sindacati Nidil e Fisac Cgil, Italia Lavoro ha reintegrato i collaboratori ma la mossa pare un tentativo in extremis e del tutto parziale.
L'articolo 6 del Regolamento per il reclutamento del personale dipendente e per il conferimento degli incarichi di collaborazione, infatti, recita:«Italia Lavoro non si avvarrà del medesimo lavoratore con contratto di collaborazione per più di tre anni. Tale vincolo ha valore anche per le collaborazioni attualmente in essere.»
Ecco, Italia lavoro promuove l'occupazione, è evidente. Quella (solo) precaria.

Federica Colonna

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